Chaplin

L’Azenda perpetua e l’arte di sorridere

 

Chaplin beppebeppetti
Conosciamo quasi tutti quella bellissima frase di Charlie Chaplin: «Un giorno senza un sorriso è un giorno perso». Non ci accorgiamo però, che molto spesso, afferriamo solo con la mente ciò che invece dovremmo abbracciare con tutta la generosità del nostro spirito. Ci siamo mai chiesti quale sarebbe quell’irreversibile ed irreparabile spreco che nasce ogniqualvolta lasciamo passare un giorno senza aver elargito neppure un sorriso? Sfogliare le pagine dell’Azenda perpetua, opera del suo misterioso autore Beppebeppetti e in libreria per Add editore dal mese di ottobre, può aiutarci a rispondere. Il sorriso è la finestra dell’anima più grande, quella che consente non solo un transito maggiore di onde luminose, ma di scorgere più cose. Erroneamente lo si circoscrive alla sola bocca, quando in realtà, oltre a muovere tutti i nostri muscoli con la sua forza prorompente, investe l’espressione dei nostri occhi e, dopo averne dilatato le pupille, ne accresce la loro profondità e la loro bellezza.

Dentro le pagine gioiose di questa singolare agenda, ‘perpetua’ per l’assenza dell’anno che ne possa delimitare la sua validità, vive il protagonista, Dadgad, così carico di umanità; saltellante e allegro, con quel suo corpicino minuto che pare una timida ombra al cospetto di quel suo capo straordinariamente gigante e volutamente spazioso, su cui domina l’immancabile semicerchio del suo sorriso.
Questo buffo e divertente omino dalle braccia elastiche e dalla duplice triade di capelli che germoglia dalla sua rotondità, è attraversato dalla mutevole e umana gamma degli umori; non è ignaro delle spiacevoli vicende che puntellano la nostra esistenza e che spesso gli provocano amare riflessioni come questa: «alcuni uomini sono passati tristemente alla storia ma meritavano di passare alla geografia mandati a quel paese da molti popoli». Certo rimane invidiabile la sua leggerezza che lo pone eternamente in fuga dai pesi quotidiani che un mondo dispettoso tenta di propinargli. La capacità di Dadgad di ironizzare sui contrattempi, sulla nostra malcelata pigrizia e sulle nostre presunte certezze alimenta il nostro brio e la sua simpatica saggezza è un antidoto contro le nostre disillusioni. La sua delicata ironia è un invito elegante a prenderci meno sul serio e ad accettarci con tutti i nostri inestinguibili difetti; perché riderci sopra, sembra ricordarci Beppebeppetti, non rappresenta solo un gesto di riconciliazione con il mondo e con noi stessi ma un modo giocoso per allontanare e arginare quell’aggressività, pronta a offendere, e che giace latente nel nostro lato più oscuro.
Si, sorridere è un arte. Questo insegna con la sua magica matita il creatore di Dadgad. Un arte che richiede un costante e faticoso esercizio perché Il sorriso non è un’attitudine naturale e una risposta superficiale ai problemi della vita; «per sorridere» – dice Enzo Bianchi – «occorre padronanza di cuore […] il vero sorriso è accoglienza, è apertura del volto all’altro».
In una delle pagine di questo testo che potremmo definire un’ode figurativa al buonumore, c’è un piccolo disegno che se riusciamo a far nostro, potrà esserci utile a mutare il nostro modo di vedere ciò che ci circonda: Dadgad con un viso rilassato e compiaciuto è alla finestra e mentre alle sue spalle, dal di dentro della sua casa fuoriesce un bellissimo arcobaleno, sussurra tra sé e sé:« Non è importante sapere dove finisce l’arcobaleno … Ma da dove inizia». Come a dire che la sorgente da cui sgorgano tutti i colori è riposta nel fondo di ognuno di noi. E sorridere può aiutare a ritrovarla evitando ulteriori sprechi: anche questo sembra suggerire il nostro amabile Dadgad.

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